Jón
Ófeigur Sigurðsson
€ 17.10
5% Off
Traduzione: Silvia Cosimini
Pagine: 208
Isbn versione cartacea: 9788832107210
Vincitore dell’European Union Prize for Literature
Jón è il romanzo basato sulle leggendarie missive che il pastore protestante islandese Jón Steingrímsson invia alla moglie Þorunn, incinta del loro bambino, mentre percorre un’Islanda sconvolta dalle furiose esplosioni del vulcano Katla. L’uomo, accusato dell’omicidio del precedente marito della donna, cerca rifugio in una grotta; in questo paesaggio devastato incontrerà, oltre alle nubi grigie di cenere e lapilli, una singolare bellezza nel risveglio feroce della natura e bizzarri compagni di viaggio, che faranno germogliare in lui la speranza di una nuova vita con l’avvento della primavera, quando potrà accogliere tra le sue braccia Þorunn e il figlio in procinto di nascere. L’epica vicenda del pastore Jón, realmente esistito, è una delle più conosciute e raccontate in Islanda, e viene magnificamente interpretata da Ófeigur Sigurðsson in un romanzo che gli è valso il Premio Europeo per la Letteratura.
Ófeigur Sigurðsson è nato a Reykjavík nel 1975 e ha pubblicato sei raccolte di poesie e due romanzi. Nel 2011 ha vinto il Premio Europeo per la Letteratura con Jón che, insieme al suo secondo romanzo Öræfi, sono stati tradotti in numerose lingue. Con Öræfi ha vinto il Book Merchant’s Prize nel 2014 e l’Icelandic Literature Prize nel 2015.
«Jón dello scrittore e poeta islandese Ófeigur Sigurðsson vanta tutte le credenziali per imporsi come un libro cult».
Orazio Labbate, La Lettura
«Attraverso uno stile che a tratti ricorda quello asciuttissimo di Ágota Kristóf e a tratti si infila in labirinti barocchi quasi sudamericani, l’autore descrive meticolosamente un tempo sospeso, ma non per questo vuoto, in bilico tra un lunghissimo Medio Evo e la modernità».
Francesco Moscatelli, Tuttolibri
«La cosa più notevole di questo romanzo è il testo stesso: in parte antico e in parte nuovo, scorre come lava, un fuoco che brucia sotterraneo».
Frettabladid Daily
«È insopportabilmente pesante per me averti lasciata incinta lassù nel settentrione, ma è stata una decisione condivisa. Quanto mi manca la piccola Sigríður e tutti gli altri bambini, a esser tanto lontano dal vostro calore. Spero d’avervi preparato a sufficienza per il verno. A settembre, quando io e Þorsteinn siamo partiti, s’era già manifestato un inverno freddo, con gelo e carestie della peggior sorta. Il sesto inclementissimo inverno principierà col ghiaccio a bloccare le navi autunnali che si sfasciano con l’intero carico, farine marcite e verminate, ancora un altro inverno senza pesce e gente raminga per le campagne, molti costretti a ricorrere a ruberie e malefatte, i poderi cadono in stato d’abbandono, ladri e banditi si moltiplicano, spero che non sia come l’ulti- mo, che ha ricevuto il nome di Tempesta di Gelo; tremo dal freddo al solo sentirne parlare. Tempesta di Gelo ha ucciso cinquantamila pecore con bufere intense e neve in ammassi che non si sono liquefatti fino all’estate: mancando il fieno, le pecore si masticavano la lana a vicenda, i cavalli mangiava- no quelli morti; centinaia di persone periscono di fame e di miseria durante queste terribili condizioni, son tempi amari, Þórunn, tu a Frostastaðir, io a Hellar, tra di noi gli altipiani intieri, il Katla sputa per aria le viscere di questo deserto, tanto che solo in Dio potremo unirci sovrastando la vastità smisurata e l’inquinamento dell’aria. Tutto ciò mi cagiona una grande pena.
Quando penso a te Þórunn penso a Dio, è la mia preghiera ch’Egli porti i miei pensieri a te; al contempo mi pare di udire la tua voce provenir da Dio, e quella voce è per me la più dolce».