Corteo di ombre.
Il romanzo di Tamoga
Julián Ríos
€ 15.20
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Traduzione: Bruno Arpaia
Pagine: 128
Isbn versione cartacea: 9788832107395
Nella sua prima traduzione italiana firmata da Bruno Arpaia, l’“esordio” rimasto a lungo inedito del celebre scrittore spagnolo.
Alla fine degli anni Sessanta, Julián Ríos iniziò a lavorare a quello che sarebbe stato il suo primo romanzo, ma temendo che non avrebbe superato la severa censura spagnola sotto la dittatura di Franco, decise di non presentarlo a nessun editore. Presto distratto da quello che sarebbe stato il suo progetto più grandioso, il manoscritto fu messo da parte e dimenticato, finché l’autore non l’ha ritrovato quasi cinquant’anni dopo, intatto nella sua forza. Corteo di ombre è una ballata intrisa di storie indimenticabili il cui epicentro è una suggestiva evocazione della Galizia, tra le mura immaginarie di Tamoga: una città di confine, custode di gelosie e rancori, luogo di rappresaglie e vendette tramandate di generazione in generazione, teatro delle infinite varianti dell’odio e dell’amore.
Julián Ríos (Vigo, Spagna, 1941) è considerato tra i più influenti scrittori spagnoli contemporanei. Dopo aver scritto due libri con Octavio Paz, Ríos ha pubblicato numerose opere di narrativa e saggistica acclamate dalla critica. Corteo di ombre, scritto in epoca franchista e rimasto in un cassetto per lungo tempo, è stato pubblicato per la prima volta nel 2008.
«Era giunto il momento che il pubblico italiano conoscesse uno scrittore come Julián Ríos, che con questo “romanzo di racconti”, dalla scrittura nitida e inquietante, ci fa immergere nell’atmosfera di un paese come tanti, ma pieno di minacciose ombre del passato».
Bruno Arpaia
«Attraverso la figura cristologica di Castillo, Ríos compone una testimonianza straordinaria della barbarie franchista degli anni Trenta».
Robinson, La Repubblica
«Pochi tratti sono sufficienti a rendere questi personaggi memorabili… da vicende individuali, le storie di Julián Ríos diventano destini universali».
Il manifesto
«Le opere di Julián Ríos sono molto importanti… un’assimilazione della tradizione più radicale».
Octavio Paz
«Julián Ríos è tra gli scrittori più inventivi e fantasiosi della lingua spagnola».
Carlos Fuentes
«Proveniente dalla tradizione letteraria che ha creato il Finnegans Wake e i romanzi di Arno Schmidt, Vladimir Nabokov e Italo Calvino, Ríos ha creato un’isola radicalmente personale nell’universo della letteratura».
L.A. Times
«Lui, Mortes, arrivò a Tamoga agli inizi dell’autunno, in un giorno triste e piovoso. E malgrado sia rimasto poche ore tra noi, è ricordato con fervore, soprattutto dopo gli ultimi avvenimenti, e sono in tanti quelli che affermano di averlo visto, di aver scambiato qualche parola con lui. Aveva il dono di trasfigurarsi perché ognuno di noi lo ricorda in maniera diversa ed è possibile che abbiamo tutti ragione: allegro, timido, triste, burlone, insolente, rispettoso, cinico, burbero, cortese, fu tutto questo e ogni altra cosa diciamo di lui. Alla fine ci rimangono la fascinazione e l’impossibilità di riferire questa storia perché le parole in questo caso sono più reali dei fatti e una storia merita di essere raccontata soltanto quando le parole non possono esaurirne il senso.
Ci rimane anche la libertà di immaginare e di attribuire molteplici, contraddittori, oscuri disegni a quel forestiero piuttosto basso, piuttosto magro, piuttosto goffo che scelse Tamoga come scenario della sua rappresentazione. Adesso quell’uomo, Mortes, è soltanto parole e una vaga immagine che comincia a confondersi nella memoria: un volto ampio e terroso, dai lineamenti indistinti, molliccio, come impastato con il fango; due occhi arrossati e una bocca-cicatrice, una voce monotona e nasale che a volte si spezzava in un gorgoglio profondo di acqua in un tubo; un uomo qualunque, vestito – senza eleganza e senza eccessiva trascuratezza – con un abito marrone sgualcito e un trench troppo grande per la sua taglia. Così si presenta lui, Mortes, nei ricordi e così dovette vederlo fin dal primo momento don Elío, il capostazione».