A tutto c’è rimedio
Helen Phillips
€ 15.67
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Traduzione: Cristina Pascotto
Pagine: 176
Isbn versione cartacea: 9788897561897
Nei mondi distopici in cui si muovono gli indimenticabili personaggi dei racconti di A tutto c’è rimedio – partner robotici pronti a soddisfare i più inesprimibili desideri, inquietanti neomamme sosia, conoscitori di impossibili domande, individui pronti a fondersi con la propria anima gemella aliena, tutti impegnati a rimediare alle difficoltà delle indistricabili relazioni umane e a trovare il loro posto nel mondo naturale – troveremo le emozioni più autentiche che attraversano ognuno di noi: l’inevitabilità dell’amore, lo humour e la meraviglia del tessuto della vita come possibile risposta alle più grandi domande che siamo chiamati ad affrontare.
Helen Phillips è autrice dell’opera And Yet They Were Happy, nominata tra le migliori raccolte del 2011 da The Story Prize. È la vincitrice del Rona Jaffe Foundation Writer’s Award, dell’Italo Calvino Prize in Fabulist Fiction, The Iowa Review Non fction Award, e del Diagram Innovative Fiction Award. I suoi lavori sono apparsi in NPR’s Selected Shorts e in Tin House. Vive a Brooklyn con il marito, l’artista Adam Douglas Thompson, e i loro figli.
«Una maestra nel creare mondi leggermente obliqui del tutto somiglianti al nostro».
Los Angeles Times
«Proprio quando pensi di aver capito a che gioco sta giocando, ecco arrivare un’altra piccola fiaba, un puzzle postmodernista, o una scaltra rivelazione».
O, The Oprah Magazine
«Phillips dimostra di essere in grado di trattare alcune delle più grandi domande sull’esistenza offrendo, ebbene sì, alcuni possibili rimedi».
Kirkus Review
Ci eravamo resi conto che quello di cui avevamo bisogno era una moglie. Tu per motivi di ordine sessuale, io domestico. Così, dal momento che finalmente era diventato legale, organizzammo un matrimonio a tre con questa donna, Anna. Il palindromo sembrava in qualche modo appropriato.
Anna. Che gran moglie che era.
Il giorno del matrimonio era tutta sorrisi, come se non potesse essere più felice. C’è una foto di noi tre davanti al municipio, io e Anna con i nostri piccoli bouquet di gerbere tra le mani, sposini che ridevano della loro sfacciataggine.
Anna, amata Anna. La prima notte di nozze l’accarezzammo tutta. Ci venne il dubbio che il nostro letto a due piazze fosse troppo piccolo, che forse avremmo dovuto comprare un grande letto matrimoniale, ma ad Anna non importava. Disse che le piaceva dormire stretta tra di noi. Disse che godeva nell’avere le mie tette da una parte e il tuo cazzo dall’altra.
Era quella la particolarità di Anna, poteva dire sconcezze ed essere tanto dolce allo stesso tempo.
Non poteva esistere una moglie più generosa di Anna. Soprattutto, sembrava così felice, come se trascorrere l’intera giornata a pulire la casa e a preparare la cena fosse una sorta di divina meditazione. C’era una marca di prodotti biologici per l’igiene che adorava, e anche se i prodotti erano piuttosto costosi la incoraggiavamo a comprarli, perché volevamo che Anna avesse tutto quello che desiderava, e niente di meno; il suo profumo preferito era la lavanda. Faceva chilometri in metropolitana per raggiungere mercatini agricoli dove comprava strane e lucenti verdure locali; le grigliava con bizzarre ma geniali combinazioni di spezie. Quando tornavamo a casa dal lavoro, le candele erano state accese e la tavola preparata con i tovaglioli gialli che comprava per dare nuovo brio alle nostre tovagliette grigio smorto (in aggiunta a tutto il resto, Anna aveva un eccellente gusto visivo). Mentre mescolava verdure fumanti nella padella ci chiedeva in quel suo modo amorevole come erano andate le nostre giornate, dei nostri fallimenti e frustrazioni, incoraggiandoci a vedere i piccoli successi nella nostra generale sensazione di inadeguatezza professionale. Quando cercavamo di ricambiare chiedendole della sua giornata, eludeva con delicatezza la domanda rispondendo semplicemente che era stata una buona giornata, come del resto era sempre.