Il peso delle cose
Marianne Fritz
€ 15.67
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Traduzione: Giovanna Agabio
Pagine: 136
Isbn versione cartacea: 9788832107579
Per la prima volta tradotto in Italia, il più celebre romanzo della scrittrice di culto austriaca vincitore nel 1978 del premio Robert Walser.
Il peso delle cose grava sulle spalle di Berta Schrei, giovane donna austriaca immersa nelle paludi del secondo dopoguerra: le pareti domestiche incombono su di lei mentre inquietanti epifanie e banali malvagità la conducono lentamente verso il centro del maelström dove si cela l’orrore più grande di tutti – un vortice furioso alimentato dal peso di colpe individuali e collettive che non tarderanno a sprigionare tutta la loro indicibile forza. Romanzo vertiginoso ed elusivo, Il peso delle cose fu l’opera che rivelò il talento di Marianne Fritz e la pericolosità dei demoni sottaciuti di una nazione, di un’epoca e dell’umano stesso.
Marianne Fritz nacque nel 1948 a Weiz, in Austria, e visse gran parte della sua vita in un piccolo appartamento del 7° distretto di Vienna. Nel 1978 la pubblicazione de Il peso delle cose le valse un’immediata fama letteraria e il prestigioso Premio Robert Walser. La pubblicazione dell’opera segnò l’inizio di un imponente progetto sperimentale conosciuto come Die Festung, che le valse lo status di scrittrice di culto e ammiratori come Elfriede Jelinek e W.G. Sebald. Nel 2001 le è stato assegnato il Premio Franz Kafka e al momento della sua morte, avvenuta a Vienna nel 2007, l’autrice era impegnata nella stesura della sua sconfinata impresa letteraria.
«Fritz ha una scrittura potente, complessa e originale, che le permette di toccare le corde più profonde dell’umano anche grazie alla violazione consapevole di alcune regole sintattiche e grammaticali… Fino alla sconvolgente esuberanza della logica della follia».
Michela Marzano, Robinson
«Il genio e la follia sono gli unici sostantivi adeguati a descrivere la sua scala».
Chicago Tribune
«Scritta con un tono incalzante che cela la sua meta finale, questa storia dell’orrore a lenta combustione entra silenziosa e metodica nel cuore oscuro di una famiglia».
The New York Times
Berta Schrei smise di pensare che un’ora in cui non aveva impartito alle sue creature una lezione importante per la vita fosse un’occasione perduta per sempre. In silenzio prese atto del fatto che una mattina i bambini non vollero alzarsi dai loro letti né vestirsi e telefonò alla signora maestra dicendo che i bambini erano malati, poi si sedette sul letto accanto a loro. Nel giro di tre giorni si era stabilizzata la nuova vita di Berta con la sua prole.
«La mattina i bambini restavano a letto, Berta portava loro la colazione e, dopo che questi l’avevano consumata con appetito, cominciavano a cantare. Berta non rimproverava i suoi figli neppure quando stonavano, sebbene i figli della Berta musicale avessero sensibilità esclusivamente per i toni intermedi, i semitoni e altri toni incomprensibili. Cantavano a squarciagola, e Rudolf e la piccola Berta potevano scegliere senza esitare i testi delle canzoni dal quaderno dei Lieder. Cominciavano la loro ora di canto con: «Danubio così blu, così blu…» e continuavano con: «Erano due figli di re…» per poi, una volta arrivati alla fine di: «Non so, che cosa può significare?» ricominciare con il «Danubio così blu, così blu». Dopo l’ora di canto giocavano e si azzuffavano. Non c’era- no compiti a casa, nessun cinque, nessuna lettera di ammonizione, nessun livido sul corpo causato dalle risse o dalla ginnastica, né punzecchiature né derisioni, nessun se e ma, pro e contro e nessuna esortazione a comportarsi meglio e in modo più garbato.
Berta raccontava le sue storie a un pubblico che ascoltava con attenzione mentre cucinava, mentre stirava, mentre riordinava. In quei giorni Rudolf e la piccola Berta non si al- lontanavano di un passo dalla madre, le giravano intorno, l’accarezzavano e la consolavano quando non riusciva a riordinare tutto il dovuto, quando rompeva un bicchiere lavandolo, quando faceva carbonizzare le patate che diventavano nere e dure come pietre, quando stirando faceva bruciature sugli asciugamani o sulle camice da notte. Berta interrompe- va il lavoro da Sisifo del riordino per tirare fuori l’album di fotografie della famiglia Faust o della posta militare di suo padre, dei fratelli o di Rudolf, per poi approdare di nuovo alla solenne decisione di riordinare una buona volta a fondo. Malgrado o forse proprio a causa della sua scrupolosità, non ci riusciva così bene. I bambini le assicuravano che era difficile trovare un posto fisso per ogni cosa nell’appartamento, ma neanche loro volevano sottrarsi a quel difficile compito e volevano aiutare la madre. Incredibile quanti possibili posti per ogni cosa ci fossero nell’appartamento! Potevano riordinare in un modo, in modo diverso, ma anche in un modo completamente, completamente diverso. Alla fine ne risultò un modo di parlare privo di senso; sempre più una serie di frasi di circostanza di fronte al peso delle cose, che peraltro non riguardava affatto lei e le sue creature».